Il carnevale è una festa che si celebra nei paesi di tradizione cristiana (soprattutto in quelli di tradizione cattolica). I festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate in cui dominano elementi giocosi e fantasiosi; in particolare, l'elemento distintivo e caratterizzante del carnevale è l'uso del mascheramento.
Benché facente parte della tradizione cristiana, i caratteri della celebrazione carnevalesca hanno origini in festività ben più antiche, come ad esempio le dionisiache greche (le antesterie) o i saturnali romani, che erano espressione del bisogno di un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo ed anche alla dissolutezza. Da un punto storico e religioso il carnevale rappresentò, dunque, un periodo di festa ma soprattutto di rinnovamento, seppur per lo più simbolico, durante il quale il caos sostituiva l'ordine costituito, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all'inizio del carnevale seguente. Il ciclo preso in considerazione, è in pratica, quello dell'anno solare.
Il carnevale si inquadra quindi in un ciclico dinamismo di significato mitico: è la circolazione degli spiriti tra cielo, terra e inferi. Il Carnevale riconduce ad una dimensione metafisica che riguarda l’uomo e il suo destino. In primavera, quando la terra comincia a manifestare la propria energia, il Carnevale segna un passaggio aperto tra gli inferi e la terra abitata dai vivi (anche Arlecchino ha una chiara origine infera).
Nel XV e XVI secolo, a Firenze i Medici organizzavano grandi mascherate su carri chiamate “trionfi” e accompagnate da canti carnascialeschi, cioè canzoni a ballo di cui anche Lorenzo il Magnifico fu autore. Celebre è il Trionfo di Bacco e Arianna scritto proprio da Lorenzo il Magnifico. Nella Roma del governo papalino si svolgevano invece la corsa dei barberi (cavalli da corsa) e la "gara dei moccoletti" accesi che i partecipanti cercavano di spegnersi reciprocamente.
La parola carnevale deriva dal latino "carnem levare" ("eliminare la carne"), poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.
Quanto all'etimologia, " il termine deriva da carne-(le)vare, con dissimilazione della seconda -r- in -l- , riferito alla vigilia della Quaresima giorno in cui era interdetto l'uso della carne ". Le prime testimonianze dell'uso del vocabolo "carnevale" (detto anche "carnevalo") vengono dai testi del giullare Matazone da Calignano alla fine del XIII secolo e del novelliere Giovanni Sercambi verso il 1400.
Nei paesi cattolici, il Carnevale ha inizio con la Domenica di Settuagesima (la prima delle sette che precedono la Settimana Santa (Pasqua) secondo il calendario Gregoriano) e finisce il martedì precedente (martedì grasso) il Mercoledì delle Ceneri che segna l'inizio della Quaresima, due settimane e mezzo dopo.
La Pasqua cattolica cade il primo fine settimana dopo la prima luna piena (plenilunio) successiva all'equinozio di primavera, il 21 Marzo.
Beppe Nappa:
Con la sua innocenza disarmante ricorda la maschera di Pierrot, ma in lui non esiste malinconia. Beppe Nappa rappresenta un siciliano fannullone, intorpidito da un sonno perenne che lo costringe a sbadigliare continuamente. "Nappa" in dialetto significa un uomo buono a nulla. E' il pigro servitore di un padrone che può essere un commerciante, un innamorato, o un vecchio barone. In realtà non svolge il suo lavoro in modo efficiente, anzi passa dal sonno,alla ricerca di cibo,aiutato da un fiuto infallibile, per tornare poi al suo mondo di sogni.
Brighella:
Brighella è il degno compare di Arlecchino. Entrambi sono i servi della commedia dell'arte, ed entrambi sono nati a Bergamo. Brighella però ci tiene a precisare che lui é di Bergamo alta, mentre Arlecchino è di Bergamo bassa. Brighella non fa solo il servo come Arlecchino, ma un'infinità di altri mestieri, più o meno leciti ed onesti. Così si ritrova sempre in mezzo agli intrighi. La prontezza e l'agilità che Arlecchino ha nelle gambe, lui ce l'ha nella mente, per escogitare inganni e preparare trappole in cui far cadere il prossimo. E tutto questo non solo per spillar quattrini a chi ne ha o per rimediare un pranzo succulento, ma per il gusto stesso di imbrogliare gli altri. E' intrigante, nato furbo e senza scrupoli. In quanto a bugie, Brighella ne ha sempre in serbo una più del diavolo; e poi dette con quella sicurezza e quella convinzione che gli derivano da una lunga esperienza di inventa frottole, le bugie gli escono dalla bocca con estrema naturalezza. E' molto abile nel cantare, suonare e ballare.
Colombina:
E' la più conosciuta fra le servette o fantesche; nacque nel Cinquecento e il suo modo di deridere i sospiri degli innamorati fu determinante per la riuscita comica degli spettacoli. Le venne attribuito il nome di Colombina, quando Isabella Franchini, famosa attrice che la interpretò, portò sotto braccio un paniere in cui si intravedevano due colombe. Colombina consegna biglietti segreti ed organizza incontri lontani da occhi indiscreti. Talvolta é bugiarda ma sempre a fin di bene. Colombina é molto vanitosa e un po' civettuola e ci tiene ad avere un aspetto sempre ordinato ed attraente. Colombina non ha peli sulla lingua e con due paroline ben dette, riesce a mettere a posto qualche corteggiatore che non si comporta più che educatamente. Anche il suo eterno fidanzato, Arlecchino, deve stare ben attento, se cerca di fare lo sdolcinato con qualche altra sua collega, come Corallina o Ricciolina, sa lei come farlo rigare dritto. Il suo modo di fare,così vivace e malizioso, nasconde un carattere volitivo ed una naturale furbizia che fanno di Colombina un personaggio simpaticamente sbarazzino, molto amato dal pubblico.
Gianduia:
Gianduia nacque come burattino per poi trasformarsi nel Settecento nella più importante maschera piemontese. Si narra che vivesse in una casetta assieme alla moglie Giacometta. Da semplice contadino, con il passare del tempo, divenne un gentiluomo allegro, amante del buon vino e della tavola. Si muove con eleganza, agitando il suo caratteristico codino rivolto all'insù, ed ama lo scherzo ed i piaceri della vita. Gianduia ha finezza di cervello e lingua arguta, sono le sue armi che adopera per mettere in burletta i suoi avversari. Gianduia é un tipo pacifico e non cerca la rissa, né ama complicarsi la vita, ma non rinuncia al suo senso di schiettezza che fanno parte del suo carattere piemontese, gentile ma sincero. La sua generosità d'animo e l'innato senso di giustizia lo hanno sempre spinto dalla parte dei deboli e degli oppressi. I torinesi che amano molto la loro maschera tradizionale, hanno dato il nome "gianduiotti" a quegli squisiti cioccolatini dalla forma allungata che sono una delle loro più famose specialità dolciarie. La maschera di Gianduia é ancora oggi molto popolare in tutto il Piemonte, manche se non é molto facile incontrarla sui palcoscenici dei teatri, essa non manca mai nei festosi cortei delle maschere durante il Carnevale.
Giangurgolo:
Il nome di Giangurgolo, a chi lo sa decifrare, dice quale sia la sua caratteristica principale, quella che lo ha reso famoso e che lo distingue dalle altre maschere; la fame, l'ingordigia, l'avidità insaziabile di cibo che l'accompagna costantemente. Naturalmente é disposto a tutto pur di arraffare qualcosa con cui saziarsi, anche a costo di rubare, se gli capita l'occasione di non essere scorto da nessuno. Poi é pronto a giurare di non aver visto o sentito niente, perché Giangurgolo oltre che bugiardo si rifiuta di affrontare qualsiasi responsabilità: tanta la fame, ma tantissima la paura. Un'altra caratteristica di questa maschera calabrese è quella del suo aspetto che certo non lo aiuta per niente e non può essere definito certo un bell'uomo. Piantato in mezzo ha un grosso naso deforme, la sua voce é stridula ed il suo modo di camminare é rigido e sgraziato. La simpatica maschera calabrese ha lasciato ormai da tempo i palcoscenici e la si può ritrovare solamente in qualche spettacolo dialettale di burattini.
Meneghino:
Meneghino è una maschera lombarda che nasce nel Seicento dalla fantasia del commediografo Carlo Maria Maggi. Impersona un servitore rozzo ma di buon senso che, desideroso di mantenere la sua libertà, non fugge quando deve schierarsi al fianco del suo popolo. E' abile nel deridere i difetti degli aristocratici. " Domenighin" era il soprannome del servo, che la domenica accompagnava le nobildonne milanesi a messa o a passeggio. Durante l'insurrezione delle Cinque Giornate di Milano nel 1848 fu scelto dai milanesi per le sue virtù come simbolo di eroismo. Meneghino é la tipica maschera dei milanesi e come loro è generoso, sbrigativo e non sa mai stare senza far nulla. Non é a caso che i milanesi vengano spesso chiamati i "meneghini". Ama la buona tavola e davanti ad una fetta di panettone possono anche salirgli le lacrime agli occhi, non solo perché ne é molto goloso, ma perchè gli ricorda la sua Milano e il " so Domm" di cui non smette mai di vantarsi. Vestito di una lunga giacca marrone, calzoni corti e calze a righe rosse e bianche, cappello a forma di tricorno sopra una parrucca con un codino stretto da un nastro, ancora oggi, assieme alla moglie Checca, trionfa nei carnevali milanesi.
Meo Patacca:
Meo Patacca è la maschera romana, che assieme a quella di Rugantino, rappresenta il coraggio e la spavalderia di certi tipi di Trastevere, il quartiere più popolare di Roma. Spiritoso ed insolente, Meo Patacca é il classico bullo romano, sfrontato ed attaccabrighe, esperto ed infallibile tiratore di fionda, ma in fondo, generoso e di animo aperto. Gli piace é vero fare lo spaccone e parlare in dialetto romanesco, in modo declamatorio, ma poi all'occorrenza non fugge. Anzi, quando ci scappa la rissa, si getta nella mischia e la sua fama é ben nota in Trastevere e in tutta Roma. A parte il suo carattere sicuramente un po' difficile che si adombra per niente e quel suo strano modo di discutere con qualcuno, prima con le mani poi con le parole, Meo Patacca riscosse la simpatia dei suoi concittadini che affollarono i teatri romani per assistere divertiti alle sue commedie. Il suo personaggio ebbe a lungo fortuna sulle scene e pur trasformato col tempo, in un tipo più serio e meno manesco, ha mantenuto inalterati i caratteri di vanaglorioso romano, sbruffone e provocatore.
Mezzettino:
La maschera di Mezzettino comparve alla fine del Seicento come variante di Arlecchino e Brighella. Vestiva il tipico costume degli zanni; abito abbondante, cappello a punta e maschera. Successivamente l'abito divenne a righe verticali e gli fu tolta la maschera. E' un servitore vivace ed elegante, abile musicista, furbo e pronto a sfruttare gli altri pur di ottenere vantaggi. Sempre disponibile a sbrigare le faccende di cuore del suo padrone e soprattutto le proprie. Secondo alcuni il nome deriverebbe dalla parola francese " Mezetin" che significa mezzo boccale o mezzo bicchiere. Divenne anche un personaggio critico verso la società. Si racconta che in una commedia uscisse dicendo : " Cerco un uomo onesto e un mascalzone". In quel momento usciva Arlecchino, vestito da commissario di polizia, che rispondeva: " Io sono il mascalzone!". Questa battuta destò naturalmente le ire della polizia.
Pantalone:
Pantalone è chiamato il Magnifico ed è un ricco mercante che in passato ha accumulato una fortuna con i traffici ed il commercio e che ora con un po' più di anni addosso, amministra i suoi averi con una tale parsimonia che, qualcuno non a torto, scambia per spilorceria. Egli é avaro e diffida di tutto e tutti; pettegolo com'é, si perde in chiacchiere inutili e banali. Solo con le donne é gentile e galante: allora fa inchini, sussurra paroline dolci e si comporta come un vero dongiovanni, anche se ormai non ha più l'età. Spesso, proprio per queste sue smanie di corteggiatore da strapazzo, si invischia in pasticci così intricati che ne esce a fatica, sacrificando magari quella borsa che ha attaccata alla cintura ed alla quale tiene tanto. La maschera di Pantalone, nonostante le sue impennate ed i suoi borbottii, è quella di un personaggio bonario e pieno di umanità. Nata a metà del secolo XVI, quella di Pantalone é una fra le maschere più antiche della commedia dell'arte. Essa é una maschera tipicamente veneziana e si esprime sempre nel dialetto di Venezia. La maschera di Pantalone ha incontrato molta fortuna nel pubblico che vi riconosce i suoi pregi e i suoi difetti.
Pierrot:
Larghi pantaloni di lucida seta bianca, ampio colletto, lunga casacca guarnita di grossi bottoni neri, papalina sul capo, il volto pallido. la piccola bocca rossa e un'espressione triste: così siamo abituati a vedere Pierrot, diventato il simbolo dell'innamorato malinconico e dolce. La pigrizia gli impedisce di muoversi come abitualmente fanno gli altri zani della Commedia; é sicuramente il più intelligente dei servi, svelto nel linguaggio, critica gli errori dei padroni e spesso finge di non capire i loro ordini, anzi li esegue al contrario, non per stupidità. ma perché li ritiene sbagliati. Quando le situazioni si ingarbugliano, " lasciate fare a me!" afferma, non perché sia un presuntuoso, ma perché é capace e pieno di buon senso. E' furbo, ma sentimentale; l'unico personaggio che a un piatto di minestra, preferisce una romantica serenata, eseguita sulla mandola, sotto le finestre della sua bella. Forse anche per questa ragione é pallido e languido e, spesso una lacrima gli scende sul viso.
Pulcinella:
Pulcinella è degno compare di Arlecchino e talvolta il suo rivale, specie negli intrighi d'amore. Pulcinella é fra le maschere più popolari e simpatiche ed è il simbolo di Napoli e del suo popolo. Pulcinella impersona lo spirito genuino, fatto di arguzia di spontaneità e di generosità. Appare sulle scene nelle vesti di un servo furbo e poltrone, sempre affamato e alla ricerca di qualcosa da mettere sotto ai denti. Pulcinella si adatta a fare di tutto oltre al servo; eccolo di volta in volta, fornaio, oste, contadino, mercante, ladruncolo e ciarlatano, che ritto su uno sgabello di legno, in uno spiazzo fra i vicoli di Napoli, cerca di smerciare i suoi intrugli "miracolosi" a quanti gli stanno attorno a naso ritto, richiamati dalla sua voce chioccia e dai suoi larghi gesti delle braccia. Credulone, litigioso, arguto, un po' goffo nel camminare, Pulcinella é in continuo movimento, sempre pronto a tramare qualche imbroglio o a fare dispetti. Ha anche un carattere mattacchione e, quando qualcosa gli va per il verso giusto, esplode in una danza fatta di vivaci e rapidi saltelli, di sberleffi e di smorfie gustosissime a vedersi. Una cosa però che non riesce mai ad imparare é a starsene zitto quando dovrebbe e proprio per questo é rimasta famosa l'espressione "é un segreto di Pulcinella" per dire di qualcosa che tutti sanno. Ma anche questo fa parte del carattere napoletano di Pulcinella: combattere, con spirito allegro e generoso, contro tutte le avversità e le durezze che si presentano nella vita di tutti i giorni.
Rugantino:
Il romanissimo Rugantino è, come i capitani, fanfarone e contaballe, ma, al contrario di quelli, rischia davvero e paga di persona. Rappresenta il "bullo romano", disposto a prenderne fino a restare tramortito pur di avere l'ultima parola. " Meglio perde n'amico che na buona risposta" é una delle sue frasi preferite. Quando appariva sulla scena, Rugantino era vestito da sbirro; indossava pantaloni, gilet e giacca rossi, calzava scarpe con grandi fibbie e portava un cappello a due punte. Il suo nome deriva senza dubbio da " rugare" cioé brontolare, borbottare, come una pentola d'acqua che ribolle. Quando finisce a botte, Rugantino non si scompone, ma testardo come sempre: "Me ne ha date, ma quante gliene ho dette!" esclama.
Scaramuccia:
La maschera di Scaramuccia ottenne grande successo nel Seicento come spalla del Capitano. Vanitoso, donnaiolo, adottava un linguaggio volgare. Come accadde a molti altri personaggi della Commedia dell'Arte, con il passare del tempo ammorbidì i tratti del carattere e sostituì il Capitano. Suo grande interprete fu il napoletano Tiberio Fiorilli. L'attore aveva un viso piccolo e schiacciato, con occhi strabici ed una bocca enorme. Sul palcoscenico si muoveva con salti ed acrobazie, recitando soprattutto per l'espressività del volto. Ebbe un grande successo a Parigi dove trasformò il nome della maschera in "Scaramouche". Sostituì i larghi pantaloni con quelli alla zuava, indossò una calzamaglia e si tolse la maschera. Nella commedia cerca sempre di conquistare le donne fingendosi ricchissimo e suonando dolci serenate con la chitarra o il mandolino.
Stenterello:
Stenterello, nonostante dica spesso cattiverie, con l'astuzia riesce a diventare tenero e simpatico. Un vero " acrobata" della frase. Servo, marito tradito, organizzatore di intrighi... si adatta alla commedia e all'ambiente in cui si esibisce. Ha un fisico magro e allampanato come di una persona che vive a fatica, quasi di stenti. Ideatore della maschera fu il fiorentino Luigi del Buono che, recitando a Napoli, rimase colpito dal personaggio di Pulcinella e volle crearne uno equivalente in Toscana. Stenterello vive anche nelle rappresentazioni di burattini.
Tartaglia:
Non ci vuole molto ad indovinare chi sia questa maschera: é Tartaglia, il corpulento e goffo personaggio napoletano, afflitto da un fastidioso e comico difetto di pronuncia :la balbuzie. Tutte le volte che Tartaglia inizia a parlare, balbetta, incespica nelle parole, ripetendone meccanicamente la sillaba iniziale un bel numero di volte. Il risultato é che non riesce a farsi capire ed il primo ad arrabbiarsi è proprio lui. Se la piglia con tutti e di più con se stesso. Allora sì che balbetta! Inoltre storpia le parole e le frasi continuamente e ne deforma il significato in maniera ridicola, lasciando interdetto o rendendo furioso chi lo ascolta. Ha anche altri difetti; é molto miope e porta sul naso un enorme paio di occhiali che gli danno un'aria solenne da professore. E' anche un po' sordo e non c'é da meravigliarsi se, talvolta parlando con qualcuno risponda fischi per fiaschi. Nata verso la metà dei Seicento, la maschera di Tartaglia é di origine napoletana e la si ritrova molto spesso nelle commedie dell'epoca accanto a quelle di Pulcinella e di Colombina. Tartaglia rappresenta un uomo di mezza età senza però un suo ruolo fisso; di volta in volta é giudice, notaio, farmacista, avvocato, consigliere di corte, ma anche domestico, sbirro o semplicemente genitore di qualche giovane maschera della commedia. Una delle sue più grosse debolezze è quella di corteggiare tutte le donne che incontra e, visto che ha il cuore tenero se ne innamora facilmente. Il personaggio di Tartaglia, seppur con nomi diversi, si é diffuso anche all'estero ed é giunto fino ai nostri giorni per divertire il pubblico di ogni età.